Fabulous Pop

Gregg Popovich, per chi lo conosce basta solamente il nome ad evocare il personaggio. Un uomo difficile da interpretare e comprendere. Ma vincente: 4 titoli NBA come head coach degli Spurs dal 1996 ad oggi. La Storia, con la esse maiuscola, dei San Antonio Spurs e di coach Pop ha intrapreso la direzione attuale nel 1994 quando l’allora assistente allenatore Popovich fu richiamato come GM. Sì, richiamato, perchè il nativo di East Chicago, Indiana,  aveva già contribuito alla causa della franchigia texana dall’ 88 al ’92 servendo sotto le armi di coach Larry Brown, ovvero il suo Maestro.

Popovich(a destra) con Larry Brown

Popovich(a destra) con Larry Brown

Il carattere di Popovich è stravagante e il ruolo di GM non era molto adatto a lui. Durante il suo periodo “dirigenziale” mise sotto contratto Avery Johnson(guardia, con lui nella Golden State di Don Nelson dei primi anni Novanta) e cede Dennis “The Worm” Rodman ai Chicago Bulls di Micheal Jordan in cambio di Will Perdue. Non proprio una genialata. La stagione ’96/’97 non iniziò nel migliori dei modi, con l’infortunio di “The Admiral” Robinson tutto era compromesso, così dopo un avvio con un record di 3-15 Popovich decise di licenziare coach Bob Hill e autonominarsi capo-allenatore. Le cose non migliorarono granchè, infatti gli Spurs terminarono la stagione con un desolante 17-65, l’unica nota positiva era la scelta alta al Draft.

Pop agli albori della carriera di coach

Pop agli albori della carriera di coach

La lottery poteva favorire altre franchigie(i Boston Celtics) ma la proverbiale “fortuna” degli Spurs spinse la prima scelta nel Texas. E la prima scelta al Draft 1997 fu Tim Duncan, la Storia era stata scritta. Probabilmente gran parte della NBA attuale ha radici nella notte di quel Draft, gli Spurs, invece, oltre che in quel giorno hanno radici anche nella vita di Popovich, che ha cambiato tutto nei ditorni di Alamo.
Coach Pop è un “malato” di pallacanestro, maestro di gioco, grande psicologo e “manipolatore” di uomini. Il suo rapporto è diverso da giocatore a giocatore. Ad esempio con Duncan c’è stima e rispetto, si intendono a meraviglia. Il tutto senza proferire una parola, una relazione in cui basta uno sguardo per decidersi, molto virile. Duncan si fida ciecamente del suo coach e Popovich ascolta il parere di Duncan.

Pop e Duncan

Pop e Duncan

Al contrario i giovani giocatori devono entrare nel sistema di gioco degli Spurs, senza se e senza ma. Tony Parker quando arrivò nella contea di Bexar per il suo provino, non andava molto a genio a Pop, che volle testarlo per bene riservadogli un trattamento adeguato nel 5vs5 di allenamento. Tony ne prese abbastanza, ma non disse una parola continuando a giocare e risultando il migliore in campo, stupendo lo staff.

Parker con coach Pop

Parker con coach Pop

Popovich è estremamente convinto che bisogna costruire giocatori, solo così si può raggiungere il successo. Infatti si confronta continuamente con i suoi collaboratori, in particolare il GM R.C Buford(allievo di Popovich) su quali giocatori mettere sotto contratto, quali scambiare(rare le trade in quel di San Antonio), quali pescare al Draft e come muoversi nel mercato Europeo.

Cushman

Popovich ai tempi dell’Academy

Il carisma di coach Pop è anche merito della sua carriera e percorso di formazione. Infatti frequentò la Air Force Academy dove diventò il capitano della squadra di basket delle Forze Armate, ottenendo l’accesso ai Trials per le Olimpiadi del 1972. Ottenuta la laurea, lavorò per un breve periodo alla CIA, la celebre agenzia di spionaggio statunitense, e anche se non si conoscono le sue mansioni, qualche trucchetto l’ha di sicuro appreso. In seguito ritornò in accademia per allenare, e in questo periodo conobbe Larry Brown capo allenatore a Kansas. I due cominciarono a scambiarsi opionioni diventando amici e poi collaboratori proprio a Kansas e a San Antonio quando Brown fu chiamato dai Texani.
Ma ovviamente senza un idea di pallacanestro le vittorie non sarebbero arrivate. La principale idea di Popovich è: “If you dont play D(defense), we dont play you “ . Ovvero senza un gioco duro e applicato in difesa, non giocherai mai nella mia squadra. Tutto questo senza distinzioni tra supestar e rookie. La difesa degli Spurs negli anni delle “Twin Towers” era incentrara nell’incanalare i pallaggiatori verso il centro dove avrebbero incocciato contro Robinson e Duncan. Ma dopo l’addio di The Admiral l’idea di fondo andava cambiata. La difesa attuale di S.A. prevede di spingere gli avversari verso il fondo e contenerli attraverso la rotazione precisa dei piccoli. Spesso, infatti, vediamo un quintetto composto da 4 esterni e un solo lungo. Più che per la difesa, però, i nero-argento sono conosciuti per il loro attacco spumeggiante: prestanti sotto canestro con l’inossidabile Duncan, forti da 3 con tiratori precisi e affidabili, temibili nel pick&roll con l’asse Parker-Duncan e, ciliegina sulla torta, in roster hanno un fuoriclasse come pochi ce ne sono in circolazione: Manu Ginobili. Altra massima “popoviciana” è: “you play like you practice”. Dunque inanzitutto è importante avere a disposizione un centro di allenamento adeguato, quindi per volere di Pop è nata la Spurs Training Facility(rinominata Spursello dal mitico duo Tranquillo-Buffa). Una cittadella di basket tra i serpenti a sonagli del deserto texano. 4 campi regolamentari, palestra attrezzatissima e laboratori medici per tenere sotto controllo le prestazioni dei giocatori. Un tempio dello sport dove Popovich è il padrone: spesso risponde al telefono della facility lasciando a bocca aperta tutti.

Popovich durante il training camp

Popovich durante il training camp

E da vero padre-padrone chiede e ottiene il massimo impegno da suoi uomini in allenamento permettendogli così di migliorarsi e migliorare l’alchimia di squadra. Ad esempio, Parker ha aumentato la sua pericolosità del suo tiro dalla media solo grazie a lunghe  e intense sessioni di tiro in quel di Spursello.

Ogni stagione conferma che Gregg Popovich è sicuramente uno dei migliori allenatori attuali, senza timore di confrontarsi neanche con i grandi del passato. Probabilmente la sua generazione, che comprende anche Phil Jackson(11 anelli, inarrivabile), Larry Brown e Doc Rivers, ha contribuito a mutare il gioco nelle sue idee di fondo. E’ già nella leggenda e appena smetterà di allenare sarà un candidato alla Hall of Fame, ma ciò che lo ha fatto entrare nel cuore dei tifosi di tutto il mondo è il suo modo di porsi verso il pubblico e stare in campo. Davvero unico il suo rapporto con  arbitri(ogni anno per mantenere alta la concentrazione dei suoi, si fa espellere una volta a metà stagione) e giornalisti. Sopratutto è la “dannazione” di questi ultimi, infatti non si spreca con le parole durante le interviste, rispondendo con banalità nel migliori dei casi, con monosillabi nella quasi totalità degli altri. Il suo accerrimo nemico, tra quelli che stanno dall’altra parte del microfono, è Craig Sager l’eccentrico sideline reporter di TNT.
Pop, un uomo nella leggenda.

Nikolas Subrani (@niksubra)